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mercoledì 22 ottobre 2014

Si deve sempre passare attraverso la sofferenza e rinnegare se stessi

Il dono dell’ascolto - Intervista a Jelena Vasilj

Jelena, il dono che il Signore ti ha affidato per guidare il gruppo di preghiera a Medjugorje è legato all’ascolto interiore. In qualche modo a te veniva chiesto di "porgere l’orecchio del cuore" per poi essere "trasmettitore" per gli altri delle parole che venivano dal cielo. L’ascolto in te è nato in modo naturale, ma tu cosa hai fatto per farlo crescere, per farlo maturare?
Fatico sempre a rintracciare questa maturazione, anche se non posso negare il percorso fatto… Tuttavia penso che l’ascolto sia l’atteggiamento fondamentale che la nostra anima deve avere verso Dio, perché se non c’è ascolto, non c’è neanche trasformazione. Mi vengono in mente, a questo proposito, le parole di un salmo: "Fa splendere su noi Signore la luce del tuo volto". Quando iniziamo ad innamorarci di Dio cominciamo anche ad assomigliare a Lui, perché è la sua luce che inizia ad inabitarci. L’ascolto, quindi, è la capacità di accogliere l’altro, di essere protesi verso l’altro, non secondo le nostre aspettative ma secondo quello che l’altro è. Per questo ci vuole tanta maturità.
Sicuramente anche tanto rispetto del "diverso", perché spesso si tende ad identificarsi con l’altro e a desiderare che le sue parole corrispondano ai nostri criteri.
Certamente. Non dobbiamo cercare noi stessi in quello che è l’altro, ma dobbiamo lasciarci in qualche modo sorprendere da lui. Adesso che ho un figlio, mi accorgo che è una continua sorpresa: quando mi sembra di averlo capito, il giorno dopo scopro che devo ricominciare daccapo… Ogni uomo è un mistero, quanto più Dio! Non si arriva mai a comprenderlo del tutto, e per questo non ci annoiamo mai!
Nel gruppo di preghiera il tuo dono era molto importante, perché dalla tua capacità di ascolto dipendeva anche l’azione degli altri. Come vivevi questa responsabilità, questo servizio, questa missione?
Ho sperimentato che si deve sempre passare attraverso la sofferenza e rinnegare se stessi, perché se non si è capaci di rinunciare a tutto, persino ai propri desideri, non si può accogliere l’altro. Forse anche in Dio cerchiamo solo la nostra felicità - il che è anche lecito - ma non per questo dobbiamo ricercare la nostra soddisfazione. Dobbiamo piuttosto cercare l’incontro con l’Altro. Innanzitutto dobbiamo cercare il Donatore, poi il dono viene di conseguenza. Se ci concentriamo troppo sui doni rischiamo di perdere di vista colui che ce li ha dati, come quando ci entusiasmiamo per un regalo ricevuto e trascuriamo tutto il significato di affetto e di attenzione che ha motivato questo regalo.

Dio continuamente ci ripete: "ascolta Israele…". Questa insistenza significa che siamo un po’ refrattari?

Nel rito del Battesimo c’è un momento bellissimo, quando il sacerdote benedice le orecchie perché si aprano ad ascoltare la Parola di Dio, una parola che poi diventa vita e dona gioia. Ma sappiamo bene che i nostri sensi sono molto delicati e bisogna proteggerli, perché possono anche percepire il negativo.
Come si individua dentro di noi la voce di Dio?
Sicuramente al principio di tutto c’è la Grazia e noi ci possiamo aprire ad essa solo ponendoci in ascolto. Ad esempio gli ebrei leggono la Sacra Scrittura ad alta voce, in pratica se la "autoproclamano". Anche la nostra preghiera dovrebbe essere un autoproclamarci la Parola dio Dio. Talvolta mi è capitato di trovare delle risposte in cose che avevo scritto io stessa, solo dopo averle rilette. Cosa intendo con questo? Che non bisogna permettere che la Parola rimanga superficiale ma occorre far sì che ci penetri l’anima.
Per saper ascoltare Dio bisogna prima imparare ad ascoltare gli altri. Hai accennato prima al tuo bambino. Come vivi con lui la dimensione dell’ascolto?
L’esperienza della maternità mi insegna innanzitutto ad aprire bene le orecchie, perché se una madre non ascolta il bambino piange, e se piange c’è sempre un motivo. È così facile trarre delle conclusioni… Invece se ci si sforza ad ascoltare con attenzione, tutto diventa semplice e reale. A volte è capitato che lo affidassi a qualcuno che nel frattempo guardava la televisione. Il piccolo se ne accorgeva subito e cominciava a piangere. Con questo non voglio dire che il bambino debba essere adorato o debba controllare in modo assoluto l’ambiente, però è anche vero che lui ha bisogno del nostro ascolto per tranquillizzarsi.
E nel rapporto di coppia?
È così anche nel rapporto di coppia, nel matrimonio. C’è bisogno di entrare in contatto. È una lotta, ma quando riusciamo a creare il contatto e a dirci quello che abbiamo nel cuore si crea subito la pace. A quel punto ognuno si sente libero di fare le proprie cose e di vivere la propria indipendenza. Ma senza questo contatto anche l’indipendenza diventa una specie di azione contro l’altro; è come se ci dicessimo: tu mi disturbi, esci fuori dal mio spazio! Invece quando la comunicazione è viva, ogni cosa che facciamo favorisce la comunione.
Tu ti senti ascoltata?
Si. Non è una cosa automatica, perché ognuno ha i propri egoismi. Tuttavia devo riconoscere che esiste la volontà di ascoltarsi. E quando c’è questo desiderio allora si può già parlare di unione, che non è assolutamente scontata. Mi sono accorta che ogni tanto quando io e mio marito siamo lontani tutto il giorno l’uno dall’altra, la sera può capitare di far fatica a comunicare. In questi casi ci vuole tempo per ritrovare la "frequenza". Ma dopo diversi tentativi, riusciamo a "sintonizzarci" nuovamente. Le coppie devono combattere per proteggere la sintonia, devono ritornare ogni giorno alla base per ristabilire il contatto, per entrare in ascolto l’una dell’altro. E poi da lì ripartire per affrontare il resto. Esiste infatti il rischio che non si costruisce insieme.

Questo vale anche per Dio?

Io penso di sì, perché dobbiamo fare la sua volontà, e per questo bisogna abbandonare la propria. Questo è croce, è sacrificio, ma ti accorgi dopo da quante cose Dio ti preserva quando hai il coraggio di fare secondo Lui. Ci vuole calma e pazienza, perché la fretta non viene da Dio.

È quanto ha fatto Maria in tutta la sua vita, lei che è la donna dell’ascolto per eccellenza.

Sì, Maria è il modello. Anche a Cana non comprendeva ancora del tutto il mistero di Dio che le viveva accanto, eppure ha esortato con sicurezza: "fate tutto quello che Egli vi dirà" perché si fidava di Gesù. Quindi l’ascolto è espressione della nostra fiducia verso l’altro.
Nel tuo cuore sentivi la voce di Maria e di Gesù. Come distinguevi tra loro le voci?
Dall’autorità, perché la parola di Gesù in qualche maniera si impone, come una specie di peso. Non voglio dire che sia un comando, ma lascia intendere che è una cosa che conviene fare. È più forte della tua opinione e chiede di essere preservata integra.

Cosa invece contraddistingue Maria?

Maria si pone sempre come la serva, come l’ancella. Qui a Medjugorje ha detto: "Io mi inchino davanti alla vostra libertà". È quello che mi sconvolge, perché Lei ci attrae in una maniera molto diversa da Gesù.

Tu hai sentito anche chiarezza la voce di Satana. Come la definisci?

Dio è libertà e ti dona sempre la possibilità di scegliere. Invece satana ti incatena, non ti offre mai la facoltà di decidere. Ti inganna. Là dove pensi che c’è libertà, magari stai liberamente scegliendo di non essere libero… Come un pesce che liberamente salta fuori dall’acqua e poi muore.

Era una voce minacciosa o suadente?

Più che altro quello che avvertivo era una specie di fretta, quasi un’impellenza a concludere la sua azione prima che tu cambiassi opinione. Sono convinta che questa sia la normale sensazione che le persone hanno del peccato: ci si trova nel peccato senza volerlo e non si sa neanche come ci si è arrivati… Satana sa benissimo che se avessimo più tempo magari riusciremmo a resistergli. Questo spiega anche il motivo per cui le persone faticano a decidersi a fare il bene. Infatti sembra che ci sia sempre tempo per farlo, solo perché Dio ci dona spazi di libertà…
Come si inserisce la preghiera in questa riflessione sull’ascolto?
Innanzitutto vedo l’importanza della Parola di Dio, che in qualche modo deve fare da eco alla nostra preghiera. È inutile stare in silenzio, meditare, se poi la parola che ascoltiamo dentro di noi non è quella giusta. L’unico modo per essere certi che è Dio a parlarci è quando ci nutriamo quotidianamente della Parola di Dio. Bisogna lavorare molto sulle parole interiori. Se non sono quelle giuste, neanche quello che traspare all’esterno potrà corrispondere a ciò che è nell’anima. Ho letto da qualche parte che lo Spirito Santo è come una musica. Noi siamo lo strumento e la Parola di Dio è il modo in cui si accorda lo strumento. Lo Spirito Santo suona con le nostre corde ed esprime la sua melodia. Se lo strumento non è accordato con la Parola di Dio, viene fuori una cosa terribile. Per esempio, quando in noi sono presenti degli scrupoli: questa non è Parola di Dio. Oppure in noi dominano le paure: non è Parola di Dio! Parola di Dio è pace, è gioia, è fiducia. Quante volte noi viviamo come se Dio non ci fosse! Disperati, tristi, preoccupati…
Quanto è importante il digiuno per favorire l’ascolto interiore?
Il digiuno ha senso solo sé e fatto per una finalità di amore. Sperimento oggi l’importanza del digiuno proprio attraverso mio figlio, che non sempre reagisce bene a quello che mangio. Perché mi riferisco a lui? Per dire che per digiunare c’è sempre bisogno che dall’altra parte ci sia una persona. Le rinunce non hanno senso senza l’amore. Questo non significa che non dobbiamo digiunare. Vuol dire solo che dobbiamo amare. Il digiuno ci aiuta a creare lo spazio interiore per predisporci all’ascolto. L’ingresso del paradiso è una porta stretta, e se abbiamo troppi bagagli non possiamo entrare. Se invece sappiamo semplificare la nostra vita lasciando tante cose da parte, possiamo passare senza problemi. È allora che cominceremo ad ascoltarci veramente.

 Fonte: Maria a Medjugorje

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